SOSPENSIONE
DEL SANITARIO NON VACCINATO
Ma
l’azienda sanitaria rispetta le condizioni previste a favore del lavoratore
prima della sospensione?
Come ormai noto, ai sensi dell’art. 4 del D.L. 44/2021
(convertito dalla legge 76 del 2021), il personale sanitario è obbligato a
vaccinarsi per prevenire l’infezione con il SARS-CoV-2.
Infatti, secondo la suddetta disposizione normativa, in considerazione della situazione di
emergenza epidemiologica da SARS-CoV-2e, comunque, non oltre il 31 dicembre
2021 (salvo proroghe), al fine di tutelare la salute pubblica e mantenere
adeguate condizioni di sicurezza nell’erogazione delle prestazioni di cura e
assistenza, gli esercenti le professioni sanitarie e gli operatori di interesse
sanitario che svolgono la loro attività nelle strutture sanitarie,
sociosanitarie e socio-assistenziali, pubbliche e private, nelle farmacie,
parafarmacie e negli studi professionali, sono obbligati a sottoporsi a
vaccinazione gratuita per la prevenzione dell’infezione da SARS-CoV-2.
Tale vaccinazione, come
prescritto, costituisce requisito essenziale per consentire ai suddetti
sanitari l’esercizio della professione e lo svolgimento delle prestazioni
lavorative.
Nei confronti dei sanitari
non vaccinati, però, l’azienda sanitaria è tenuta al rispetto di alcune
condizioni, anch’esse previste per legge, che non sempre vengono rispettate.
Più precisamente, l’azienda
sanitaria che riceve l’informazione della mancata vaccinazione di un proprio
componente, è tenuta, prima di procedere alla sospensione, a richiedere all’interessato
la produzione entro 5 giorni della documentazione comprovante l’effettuazione
della vaccinazione, l’omissione o il differimento della stessa, ovvero la
presentazione della richiesta di vaccinazione o l’insussistenza dei presupposti
per l’obbligo vaccinale.
Infatti, in caso di accertato
pericolo per la salute, in relazione a specifiche condizioni cliniche
documentate, attestate dal medico di medicina generale, la vaccinazione non è più
obbligatoria e può essere omessa o differita.
Solo in caso di mancata presentazione
della suddetta documentazione, l’azienda sanitaria può invitare formalmente l’interessato
a sottoporsi alla somministrazione del vaccino anti SARS-CoV-2, indicando le
modalità e i termini entro i quali adempiere all’obbligo.
L’azienda sanitaria locale
competente, accertata l’inosservanza dell’obbligo vaccinale e, previa
acquisizione delle ulteriori eventuali informazioni presso le autorità
competenti, ne dà immediata comunicazione scritta all’interessato, al datore di
lavoro e all’Ordine professionale di appartenenza.
Il sanitario potrà,
pertanto, essere soggetto a sospensione dal diritto di svolgere prestazioni o
mansioni che implicano contatti interpersonali o comportano, in qualsiasi altra
forma, il rischio di diffusione del contagio da SARS-CoV-2.
Tale provvedimento, però,
non comporta ancora la sospensione della retribuzione, in quanto, prima di
procedere in tal senso, l’azienda sanitaria è obbligata (sempre dalla stessa
disposizione normativa) ad adibire il lavoratore, ove possibile, a mansioni,
anche inferiori, diverse da quelle che prevedono contatti interpersonali,
adeguando conseguentemente la retribuzione che, dunque, verrà ancora
riconosciuta.
Solo nel caso in cui l’assegnazione
a mansioni diverse non sarà possibile, il datore di lavoro potrà procedere con
l’allontanamento del lavoratore e, conseguentemente, sospendere la retribuzione
fino all’assolvimento dell’obbligo vaccinale o, in mancanza, fino al
completamento del piano vaccinale nazionale e comunque non oltre il 31 dicembre
2021.
Dunque, a fronte
dell’obbligo imposto al sanitario di vaccinarsi, l’art.4 del D.L. 44/2021 prevede una serie di condizioni
propedeutiche che l’azienda sanitaria deve valutare prima di procedere alla
sospensione del lavoratore.
Nel caso in cui tali accortezze mancassero,
l’allontanamento potrebbe essere dichiarato illegittimo.
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